La situazione delle famiglie con problemi economici e di salute

Ricerca a cura dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse

Introduzione

A partire dal 2015 l’Osservatorio delle povertà e delle risorse ha iniziato un’indagine sul binomio “povertà e salute”. Il primo anno è stato dedicato a riflessioni sulla povertà estrema; nel 2016 si è invece scelto di fare un approfondimento sulle famiglie, nelle quali fossero presenti persone con problemi di salute.

In Italia, secondo i dati ISTAT 2015, si stima che le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta siano pari a 1 milione e 582 mila e gli individui a 4 milioni e 598 mila, il numero più alto dal 2005 a oggi. Le percentuali aumentano se si inserisce anche la povertà relativa; infatti nello stesso anno le famiglie in questa condizione in Italia hanno raggiunto la cifra di 2 milioni 678 mila, ossia 10 punti percentuali. Questo contesto precario e delicato si acuisce quando all’interno del nucleo familiare è presente uno o più componenti con problemi di salute.

Secondo il Rapporto del Banco farmaceutico del 2016 la povertà sanitaria è in crescita e le persone faticano a trovare soldi per le cure. Questo fenomeno coinvolge il 6,1% delle famiglie Italiane, contro il 5,7% dell’anno precedente; inoltre 12 milioni di persone e 5 milioni di famiglie hanno dovuto limitare il numero di visite mediche o esami di accertamento per motivi economici.

Le famiglie che hanno problemi ad affrontare le cure sanitarie aumentano con un passo superiore rispetto alla capacità degli enti assistenziali di rispondere a questi bisogni. A tal proposito Caritas italiana sottolinea la presenza, tra le persone che si rivolgono agli sportelli di aiuto, di un incremento degli interventi in ambito sanitario.

All’interno di questo contesto l’Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas diocesana di Rimini, ha avuto grande interesse nell’indagare tali problematiche, nello specifico legate al territorio della Diocesi, analizzando il fenomeno attraverso colloqui diretti con coloro che si appoggiano alla Caritas Diocesana.

La ricerca

Da aprile a ottobre 2016 i ragazzi in Servizio Civile (Letizia Gironi, Luca Filippi e Enrico Moretti), coordinati dalla responsabile dell’Osservatorio (Isabella Mancino), hanno svolto 160 interviste a nuclei familiari, coinvolgendo 505 persone, di cui 241 con disabilità o problemi di salute.

Il questionario era suddiviso secondo le seguenti tematiche:

  • Anagrafica della famiglia: composizione, età, cittadinanza e nazionalità.
  • Casa: tipologia della locazione (affitto o proprietà), condizioni dell’abitazione/agibilità, spese mensili di affitto e bollette.
  • Lavoro: stato di occupazione di ogni singolo componente della famiglia, reddito percepito, possibile rinuncia al lavoro per assistenza del familiare malato.
  • Stato di salute: approfondimento sulla persona malata: quale patologia, stato di autosufficienza e cronicità della malattia, conseguenze psicologiche, influenza sull’autonomia nella gestione della quotidianità, rapporto e sostegno con l’assistenza sanitaria.
  • Rapporti sociali: aiuti economici e morali da parte di amici e parenti, gestione del tempo libero come singoli e come famiglia, coinvolgimento all’interno di realtà parrocchiali o sociali in genere, sostegno da enti pubblici e/o associazioni legate al sociale.
  • Criticità e desideri: difficoltà vissute dalla famiglia e desideri per il futuro.

L’organizzazione delle interviste è stata possibile grazie alla forte collaborazione da parte dei volontari delle Caritas parrocchiali che hanno individuato le famiglie da intervistare e aiutato a programmare i luoghi e i tempi per lo svolgimento dei colloqui.

Le famiglie intervistate presso la Caritas Diocesana sono state 16, quelle all’Emporio Solidale 11, al Fondo per il Lavoro 21, nelle Caritas parrocchiali del comune di Rimini 50 (Bellariva, Celle, Colonella, Corpolò, Cristo re, Crocifisso, Miramare, Regina Pacis, Salesiani, San Gaudenzo, San Giovanni Battista, San Giuliano Martire, Sant’Agostino, Spadarolo/Vergiano, Viserba), in quelle di Riccione 11 (Interparrocchiale Madonna del Mare, Fontanelle, San Lorenzo, San Martino e Santi Angeli Custodi) e nelle Caritas di altri comuni 51 (Bellaria, Borghi, Cattolica, Coriano, Montescudo, Morciano, Roncofreddo, San Vito, Santarcangelo, Sogliano, Villa Verucchio).

Un terzo delle interviste è stato realizzato presso le abitazioni delle famiglie, permettendo una relazione più intima: le persone in questo modo hanno avuto la possibilità di aprirsi e sfogarsi liberamente raccontando le drammatiche situazioni, offrendo, a volte, anche un caffè in segno di accoglienza e ospitalità. Tuttavia anche le interviste effettuate nelle parrocchie sono risultate spontanee e sincere: infatti i rapporti tra le persone che si rivolgono alle Caritas e i volontari sono profondi e caratterizzati spesso da un’amicizia reciproca.

I dati presentati sono quindi il frutto di colloqui avvenuti senza pregiudizi o timori nei confronti degli intervistatori. L’elaborazione dei dati e la stesura del testo è stata svolta dalla tirocinante Marta della Costa (Università di Bologna, presso la Facoltà di Sociologia di Forlì), aiutata da Letizia Gironi, Luca Filippi e Isabella Mancino, che ha curato tutta la ricerca.

Il campione intervistato: dati anagrafici delle famiglie

Inizialmente il campione comprendeva esclusivamente nuclei familiari composti da due o più persone, in seguito, dopo alcune segnalazioni, sono state coinvolte anche persone sole, in quanto considerate “famiglie unipersonali”, nella maggior parte dei casi anziane.

Composizione per provenienza geografica

Complessivamente gli individui che appartengono ai nuclei familiari intervistati sono 505, di cui 115 minori e 76 over 65.

Interessante la lettura dei dati relativi alla cittadinanza: su 319 italiani, 30 sono nati all’estero (tra cui 8 in Marocco e 7 in Tunisia), mentre tra i 186 stranieri, 35 sono nati in Italia,ma hanno la cittadinanza dei genitori.

Tra gli stranieri prevalgono: nord africani (83 persone), balcanici (56), est europei (27) e sud americani (10).

Le 160 unità familiari intervistate (101 italiane e 59 straniere) si sono rivelate estremamente differenti fra loro rispetto al numero di componenti familiari e la cittadinanza di questi. Le famiglie italiane sono composte prevalentemente da 2 individui, quelle straniere soprattutto da 4-5 persone fino ad arrivare a 6-7 componenti.

Numero di componenti della famiglia per provenienza geografica

Rispetto al numero dei componenti delle famiglie non sono state incontrate solo quelle con genitori e figli, ma anche quelle, sia di italiani che di stranieri, con altri parenti conviventi.

Per comprendere il peso delle cure parentali all’interno delle famiglie dove sono presenti persone con problemi di salute, sono stati incrociati i dati tra numero di malati e numero di componenti (indicati dall’1 al 7).

La presenza di un solo malato domina fra tutte le tipologie familiari, ma quando la proporzione di malati è maggiore rispetto agli individui in buona salute la situazione diventa più critica. Guardando bene il grafico, il 6% delle famiglie con tre componenti ha due malati, il 2% con 4 e 5 componenti ne ha 3. Le cifre mostrate, anche se apparentemente basse, rivelano il quadro drammatico di poche persone in buona salute che si prendono cura di coloro che stanno male.

Uno degli obiettivi che la ricerca si è prefissa è proprio quello di comprendere come le famiglie riescano a sopperire a problematiche economiche e di salute, e quali siano gli strumenti di sostegno e aiuto che permettono a queste famiglie di affrontare la quotidianità.

Casa

I dati relativi alla casa hanno mostrato la criticità dell’emergenza abitativa.

Uno dei supporti più utilizzati in Italia per aiutare le famiglie in difficoltà sono gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (Erp), ossia le case popolari. La regione Emilia Romagna nell’ultimo anno ha modificato alcuni parametri d’accesso nel tentativo di ovviare alle sempre maggiori richieste di locazione. Tali modifiche comportano la scomparsa dell’attribuzione degli alloggi a vita, permettendo una maggiore rotazione; tale azione sarà possibile grazie all’abbassamento della soglia massima di reddito Isee per l’inserimento in graduatoria da 34.308 a 24.016, che renderà più semplice l’individuazione degli aventi realmente diritto.

Condizione alloggiativa

Su 160 famiglie, il 34% risiede in casa popolare gestita da ACER (Azienda Casa Emilia-Romagna) mentre il 38% è in affitto. In molti hanno sottolineato che sono in attesa di una casa popolare; purtroppo, però, le graduatorie sono estremamente rallentate a causa delle sempre più crescenti domande. Solo nel territorio di Rimini nel 2016 ci sono 1.200 famiglie in lista di attesa e 2.300 se si considera tutta la provincia.

Esiste una differenza di locazione fra gli italiani e gli stranieri intervistati; quest’ultimi risiedono per il 50% in affitto, per il 28% in case popolari (l’8% in meno rispetto agli italiani) e per il 10% in casa di proprietà. Gli italiani invece vivono per il 20% in proprietà e per il 30% in affitto.

Su tutte le famiglie intervistate solo il 41% afferma di riuscire a pagare l’affitto e le bollette senza aiuti da parenti o amici, i dati risultano ancora più critici se messi a confronto con i vari importi d’affitto.

Possibilità o meno di pagare bollette e affitto
rispetto all’importo dell’affitto

Nella maggior parte dei casi le famiglie fanno molta fatica a pagare contemporaneamente affitto e bollette, anche nei casi in cui hanno dei costi d’affitto bassi o inesistenti. Infatti il 15% con difficoltà nel sostenere le spese ha un canone di affitto tra i 100 e i 200 euro mensili.

Le condizioni che portano una famiglia a fare domanda per una casa popolare sono molteplici e, nel caso di quelle sottoposte a notifiche di sfratto, si presenta come ultima possibilità (11 casi). La precarietà della propria condizione abitativa è fonte di stress e preoccupazioni, soprattutto quando coloro che sono malati necessitano di case con determinate caratteristiche.

Una su quattro delle famiglie intervistate vive in un’abitazione in scarse condizioni igienico sanitarie: umide, buie, troppo piccole, poco sicure. Desta allarme il fatto che alcune di queste abitazioni siano proprio case popolari, forse di vecchia costruzione e/o mancanti di interventi di ristrutturazione.

“Vive con la convivente, da più di 30 anni, in casa popolare. Hanno tutti e due gravi problemi cardiaci (lui fatica a respirare e ogni tanto si deve fermare per riprendersi). Sono senza ascensore e hanno tanti gradini, che non permettono loro di uscire di casa. Lui ha sia l’invalidità che la pensione sociale, mentre lei non riesce ad ottenere nessuno sgravio fiscale.”

13 famiglie hanno segnalato problemi relativi alla casa per la presenza di barriere architettoniche. “Una donna di 45 anni con due figli affetti da distrofia muscolare, ospitata dal cognato, che aiuta la famiglia economicamente, abita al terzo piano in 100mq e sono complessivamente 9 persone. Il palazzo è senza ascensore e lei è costretta a trasportare i figli per le scale senza supporti di alcun tipo.”

Se da una parte c’è chi cerca di entrare in graduatoria per una casa popolare, dall’altra c’è chi non può neanche pensare di fare domanda. “Una signora intervistata di 83 anni vive in una casa in pessime condizioni, con un affitto molto alto, insieme al figlio che soffre di patologie psichiatriche. La donna non può traslocare per non alterare le abitudini che il figlio si è faticosamente costruito e che costituiscono per lui un elemento indispensabile di stabilità.”

Lavoro

Le problematiche relative al lavoro si accentuano quando le persone sono alle prese con malattie. Infatti solo in 4 famiglie su 160 tutti i componenti hanno un impiego. In 26 casi almeno una persona ha dovuto rinunciare al lavoro per assistere il familiare malato, compromettendo la propria gratificazione personale e limitando la propria vita sociale.

Se si considerano le persone con problemi di salute, su 241 soltanto 21 hanno un lavoro, nella maggior parte dei casi precario e dequalificato. Questo numero così basso, oltre alla crisi occupazionale, è dovuto al fatto che:

  • 12 persone si sono ammalate proprio a causa del lavoro;
  • 41 hanno dovuto smettere di lavorare per colpa della malattia;
  • 32 sono minorenni;
  • 34 hanno un’età superiore a quella lavorativa e sono in pensione (9 percepiscono un reddito tra i 300 e i 499 euro; 13 tra i 500 e i 599; 8 tra i 600 e i 999; 3 sopra i 1.000 euro).

Salute

Su 505 persone considerate, sono ben 241 quelle con problemi di salute. Si tratta in prevalenza di donne (56%), per la maggior parte tra i 35 e i 44 anni (24%) e tra i 45 e i 54 (21,6%).

Rispetto all’identificazione delle malattie: su 241 persone con problemi di salute, sono 404 le patologie censite, questo perché alcuni individui hanno più di un problema.

Le principali patologie riscontrate sono per il 17% osteoarticolari con una maggiore incidenza fra le donne, per il 14% endocrine/metaboliche e per il 13% cardiovascolari, più alte fra gli uomini. Nel 68% dei casi le malattie sono croniche, ossia presentano sintomi che non si risolvono nel tempo, né generalmente giungono a miglioramento, nel 21% dei casi si presentano come malattie degenerative e quindi accompagnate da rilevanti risvolti psicologici: preso atto di essere affetti da una malattia che difficilmente potrà essere curata, diventa un’esigenza indifferibile affrontare i labirinti burocratici preposti alla gestione dei servizi assistenziali. Per esercitare i diritti che spettano alla persona disabile è necessario ottenere il riconoscimento della condizione invalidante. Il requisito minimo è essere affetti da malattie e menomazioni permanenti e croniche di natura fisica, psichica e intellettiva che riducono la capacità lavorativa della persona in misura non inferiore ad un terzo (superiore al 33%).

Ecco i benefici a seconda della percentuale di invalidità:

  • Da 34%: ausili e protesi previsti dal nomenclatore nazionale. La concessione di ausili e protesi è subordinata alla diagnosi indicata nella certificazione di invalidità
  • Da 46%: collocamento mirato
  • Da 51%: congedo straordinario per cure, se previsto dal CCNL
  • Da 67%: esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (esclusa la quota fissa). Tessera regionale di libera circolazione, con tariffa agevolata, con limite ISEE pari o inferiore a euro 16.000
  • Da 75%: ASSEGNO MENSILE, concesso alle persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni prive di impiego, nel rispetto dei limiti di reddito per usufruirne. È incompatibile con altri redditi pensionistici. Per chi supera i 65 anni d’età è previsto l’assegno sociale dell’INPS.
  • 100%: fornitura gratuita ausili e protesi previsti dal nomenclatore nazionale. Collocamento obbligatorio se presente capacità lavorativa residua. Esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (esclusa la quota fissa). Tessera di libera circolazione gratuita. PENSIONE DI INVALIDITÀ per le persone di età compresa tra 18 e 65 anni, nei rispetti dei limiti reddituali.

Invalidità civile

Tra le 241 persone con problemi di salute intervistate, 142 possiedono un riconoscimeno d’invalidità contrassegnato da relativa percentuale. Il 63% ha un riconoscimeno che va dai 75 ai 100 punti percentuali, il 29% fra i 50 e i 74 punti percentuali e l’8% tra 10 e 49%.

Se si considera il reddito di coloro che hanno invalidità: 58 persone, pur avendo una percentuale di invalidità riconosciuta, non ricevono sussidi; 43 percepiscono una cifra sotto i 300 euro; 39 prendono tra i 300 e i 999 euro; soltanto due sono sopra la soglia dei 1.000 euro. È evidente come le pensioni di invalidità non permettano a coloro che hanno problemi di salute, di vivere in autonomia, ma sempre in una situazione di continua necessità di assistenza e aiuto da parte di familiari, Servizi Sociali, Caritas o altri.

Uno degli elementi su cui porre l’accento, per analizzare in che modo queste problematiche si ripercuotono nella famiglia, è proprio l’intensità richiesta dall’impegno di cura da parte dei familiari. Gli elementi utilizzati per comprendere la gravità delle patologie sono stati: il grado di autosufficienza del malato, la necessità di un’assistenza continua e le evenutali conseguenze psicologiche. Su 241 persone 45 non sono autosufficienti e hanno quindi l’esigenza di un assistenza continuativa e di apparecchiature apposite: ciò non risulta così semplice soprattutto nel caso delle famiglie unipersonali, costrette ad assumere personale pur non potendo affrontarne i costi, a scapito del pagamento dell’affitto o delle bollette con conseguenze economiche difficili.

Un altro elemento importante analizzato è il tempo. La criticità di una situazione familiare cambia anche in base al tempo in cui si è costretti a fronteggiare una determinata condizione.

Classi d’età del malato rispetto ai tempi delle malattie

Il 37% delle persone con problemi di salute soffre di una malattia da circa 5-10 anni, si tratta cioè di un periodo lungo che richiede assistenza e accompagnamento da parte dei familiari, i quali, a loro volta, necessiterebbero di aiuto e sostegno per poter affrontare al meglio la propria quotidianità.

Man mano che cresce l’età diminuisce il numero di coloro che hanno problemi di salute dalla nascita; questo purtroppo è abbastanza inevitabile, perché spesso le aspettative di vita sono minori per coloro che nascono con problematiche di salute gravi. Tuttavia è elevato, sin dai 45 anni, il numero di coloro che sono malati da più di 20 anni: questo fa supporre ad un periodo davvero lungo per quel che riguarda il dolore non solo di chi sta male, ma anche di chi ogni giorno condivide, sotto lo stesso tetto, quel dolore.

Le testimonianze più sensibili riguardano le famiglie che devono fare i conti con delle malattie rare: spesso quest’ultime sono altamente invalidanti, congenite, e di difficile amministrazione per quanto riguarda il calcolo della percentuale d’invalidità; ciò rende arduo raggiungere il punteggio necessario per ricevere l’assegno mensile che, in una famiglia già in disagio economico, risulta ulteriormente aggravante. Inoltre la tendenza alla specializzazione dei vari istituti sanitari porta queste famiglie a viaggiare spesso in cerca di una cura idonea, generando ulteriori spese e stress.

 

“Sia la madre che la figlia di 3 anni soffrono di una sindrome, che colpisce il sangue. È una sindrome così particolare che sono gli unici casi italiani. È genetica, ma si manifesta solo in alcuni momenti. La prima volta che le è venuta era a causa della pillola anticoncezionale; è assistita da una medico milanese e tramite un’associazione di quel territorio le fanno arrivare da Londra una medicina sperimentale, che l’ha curata. Ora riesce a tenere sotto controllo il tutto, ma non prende invalidità e fa fatica a trovare lavoro a causa della sindrome.”

 

“Una famiglia ha un figlio affetto da una patologia grave, mentre l’altro figlio non ha problemi di salute, quest’ultimo si ritrova inevitabilmente privo delle attenzioni necessarie, in quanto i genitori devono occuparsi del figlio malato, pur amando anche il figlio sano; ciò crea involontariamente squilibri e incomprensioni.”

 

Un’altra famiglia: “Vivono in quattro in casa di proprietà con un mutuo ingente da pagare. Il marito lavora come operaio, lei lavora poche ore al giorno come donna delle pulizie. Alla figlia maggiore 2-3 anni fa è stato trovato un tumore benigno che comporta problemi alla schiena e alla mascella dandole difficoltà nel trovare lavoro, situazione per cui soffre. Sta facendo la scuola serale come odontotecnica e sogna di poter andare all’università e di essere indipendente. Viene seguita in ospedale a Torino e a Pavia. La più piccola è invece costretta ad andare a Genova, in quanto nata con la sindrome di Pollan, malattia che colpisce a livello osseo e muscolare e che viene curata solo in questo centro specializzato; da poco meno di un anno le è stato anche diagnosticato un disturbo cognitivo borderline. La famiglia è in attesa di un ricorso per l’invalidità di entrambe, perchè non percepiscono la pensione d’invalidità.”

 

Un’altra segnalazione sensibile arriva da una famiglia rumena: “il marito ha una malattia ai reni diagnosticata in Romania, ma non riconosciuta in Italia. Per mancanza di lavoro e soldi, la figlia maggiore non potrà terminare le scuole superiori ed il piccolo dovrà fermarsi alla terza media.”

Rapporto con le istituzioni

In ultima analisi è stata indagata la percezione da parte degli intervistati rispetto a: medico di base, assistente sociale e servizio sanitario.

Per quanto riguarda il rapporto con il medico di base sono 20 le famiglie che dichiarano di non essere soddisfatte; i motivi più frequenti sono: l’inefficienza, la superficialità e il rifiuto da parte del medico di fare visite a domicilio, servizio molto importante per alcune di esse.

Questa soddisfazione non trova analogo riscontro nel giudizio sugli assistenti sociali. Vero è che il compito di questi ultimi risulta delicato perché deve interagire soprattutto con complesse dinamiche familiari e in certe situazioni adottare anche soluzioni drastiche come, in presenza di dipendenze o condotte devianti dei genitori, l’allontanamento dei figli. Su 160 famiglie sono 84 quelle che hanno il supporto degli assistenti sociali e fra queste solo 44 si ritengono soddisfatte; la restante parte denuncia soprattutto uno scarso supporto.

Le considerazioni sul Sistema Sanitario sono state le più variegate, anche perché riferite spesso agli ospedali frequentati, di seguito le principali valutazioni.

Considerazioni SSN Persone % sulle famiglie
positivo

58

36,3

nessuna opinione

34

21,3

tempi di attesa

31

19,4

capacità/adeguatezza personale medico

14

8,8

costi medicinali/ interventi specialistici

13

8,1

organizzazione ospedale/medico di base

13

8,1

maggior assistenza e cura

11

6,9

burocrazia

10

6,3

discriminazione

5

3,1

negativo

5

3,1

malasanità

4

2,5

pensione di invalidità/aiuto economico

3

1,9

Rapporti sociali

Il 58% delle famiglie ha dichiarato di non aver sostegno e aiuto da familiari e parenti; l’unico supporto è dato dalla Caritas, sia per quel che concerne gli alimenti, che per il sostegno morale e, in alcuni casi, per contributi economici.

Alcuni hanno raccontato che in un primo tempo avevano degli amici che davano loro sostegno, ma poi, con il passare degli anni, i rapporti sono andati affievolendosi e si sono ritrovati soli. Le amicizie necessitano di reciprocità e la condizione di avere un familiare con gravi problemi di salute, porta invece spesso ad essere nella condizione di ricevere sostegno e assistenza. Non sempre, chi dovrebbe svolgere questo ruolo, riesce a sostenere le tensioni, i disagi e i dolori. Essere amici nella sofferenza non è facile; inoltre, a volte, la solitudine è data anche dalla condizione di essere stranieri in una città dove non si hanno parenti, né tanto meno amici dalla nascita.

“Siamo in questa casa da sette anni e siete le prime persone che sono venute a trovarci!”

“La moglie durante il giorno è in un centro diurno pagato dai servizi a causa dei suoi problemi di salute, lui si ritrova così ad affrontare le giornate completamente solo, sta desiderando di star male anche lui per poter trascorrere almeno il tempo con sua moglie al centro che economicamente non potrebbe permettersi, così come da solo non sarebbe in grado di accudire la moglie anziana e malata.”

“Sono in gravi condizioni, ma non chiedono aiuto perché si vergognano.”

L’atteggiamento con cui gli individui affrontano la propria patologia è soggettivo, peculiare ed accompagnato da un contesto difficile. Molte interviste sono state emotivamente forti e hanno riportato le conseguenze psicologiche dei malati attraverso i loro sentimenti, dalla depressione alla positività.

Quando sono presenti dei figli, l’incapacità da parte dei genitori di fornire una prospettiva è senz’altro una condizione psicologica avvilente, tuttavia lo slancio per la vita e il desiderio di vedere i propri figli felici porta spesso i genitori a impegnarsi e a trovare energie che non credevano neppure di avere. Ci sono casi in cui, però, la coppia non ha retto le difficoltà ed è rimasto un solo genitore con il figlio malato e, magari, l’eventuale fratello; ci sono anche le situazioni in cui, proprio perché i malati erano i figli, la famiglia è riuscita a mantenere saldo attorno a sé un gruppo sociale al quale fare riferimento: molto importanti gli aiuti familiari, gli insegnanti, gli educatori e, nelle situazioni migliori, anche le famiglie dei compagni di classe.

Quando la malattia colpisce invece una persona adulta, oppure il figlio malato ha terminato il percorso di studi, le cose cambiano e le situazioni di solitudine e isolamento aumentano, Terminata la scuola, infatti, molte reti sociali si indeboliscono e la famiglia rischia di rimanere sola.

Ancora più difficili i casi dove i malati sono solo adulti o anziani.

 

Interessante notare che su 67 persone che hanno dichiarato di avere sostegno, la maggior parte ha menzionato i parenti, ma anche ex coniugi, amici e vicini di casa.

Modalità Sostegno Amici/Parenti Famiglie % su 67
Aiuto economico parenti 25 37.3
Aiuto economico amici 17 25.4
Sostegno morale parenti 16 23.9
Aiuto economico 13 19.4
Sostegno da amici 11 16.4
Aiuto viveri 4 6
Sostegno morale 4 6
Aiuto dall’ex coniuge 4 6
Aiuto nella gestione dei figli 2 3
Ospitalità parenti 2 3
Aiuto a trovare un lavoro da amici 2 3
Aiuto nei trasporti 1 1.5
Aiuto dai vicini 1 1.5
Ospitalità amici 1 1.5

“Due famiglie, vicine di casa, si fanno compagnia e condividono il necessario. In una sono malati entrambi i genitori e la figlia, nell’altra sono malati entrambi i genitori, il figlio sta bene, ma è disoccupato. Si aiutano nel trasporto in caso di spostamenti, condividono il cibo e trascorrono insieme le giornate.”

“Un marito anziano ha la moglie allettata e si affanna per i lavori di casa e l’accudimento della moglie, viene spesso aiutato dalla vicina di casa, ragazza madre, depressa con una figlia con gravi intolleranze alimentari e deficienze psichiche. Si sostengono a vicenda, lei aiuta la moglie anziana e lui l’ascolta e le dà il suo sostegno nella quotidianità.”

“La moglie ha avuto una figlia da una precedente relazione, la ragazza ha dei disturbi comportamentali molto grossi, ha diciasette anni, salta spesso la scuola, frequenta cattive compagnie, ha addirittura perso un bambino. Lui la tratta come fosse sua figlia e cerca di trasmetterle le regole, l’ascolta e aiuta la moglie con infinita comprensione. Hanno anche un loro figlio, ma il lavoro è precario e faticano nel pagare le bollette.”

“Famiglia marocchina che coabita in casa con i parenti di lui; la situazione economica è molto grave, vivono solo grazie allo stipendio della moglie che fa le pulizie presso alcune famiglie. La moglie ha gravi problemi di salute che l’hanno resa sterile, il marito lo sa, ma non ha detto nulla ai familiari, perché gli chiederebbero di ripudiarla e sposarne un’altra, ma lui tiene troppo a lei.”

Rispetto alla gestione del tempo libero, la maggior parte delle famiglie lo trascorre davanti alla televisione, il 20% con attività all’aria aperta (passeggiate o portando a spasso il cane), un 18% lo dedica esclusivamente alla famiglia (stando con i nipoti), un 16% con amici, il 15% ha dichiarato di partecipare ad attività parrocchiali (in 5 casi in moschea), un 7% fa attività di “fai da te”, un 6% fa qualche sport ed il 4% si dedica alla lettura.

Sogni e desideri

Al termine dell’intervista è stato chiesto alle famiglie quali fossero i loro desideri, per quanto la domanda risultasse un po’ imbarazzante perché intima e privata, è interessante notare che molti hanno espresso più di un desiderio e questi sono i più svariati:

Desideri Persone % su 160
Lavoro 47 29.4
Salute 45 28.1
Serenità 20 12.5
Cambiare casa, avere una casa popolare 16 10
Lavoro per i giovani 10 6.3
Serenità economica 8 5
Speranze per figli/nipoti 8 5
Che vada tutto bene 5 3.1
Aumento pensione 3 1.9
Cambiare paese 3 1.9
Aiuti economici 2 1.3
Maggiore tutela per italiani 2 1.3
Dormire e non svegliarsi più 2 1.3
Andare alle canarie 1 0.6
Automobile 1 0.6
Fermare i terroristi dell’isis 1 0.6
Giardino per l’orto 1 0.6
Mondo migliore 1 0.6
Può decidere solo dio 1 0.6
Trasporto 1 0.6
Trovare una donna 1 0.6
Un giorno libero alla settimana 1 0.6
Visitare la calabria (per archeologia) 1 0.6
Vorrei tornasse tutto come prima 1 0.6

Al primo posto c’è il lavoro, perché solo il lavoro ha la capacità di donare dignità, di far sentire utili e di avere un entrata economica costante.

La salute è stata messa al secondo posto, non perché considerata meno importante, ma perché, rassegnati e realistici di fronte alla propria situazione, nella quale non vedono margine di miglioramento.

Il desiderio di serenità è profondo, fa comprendere quanto spesso la vita di queste famiglie sia difficile, impegnativa, con pochi momenti di calma e spensieratezza.

Il desiderio di cambiare casa, di poter avere una casa popolare per poter spendere meno soldi, è un sogno ambito da tanti, ma per molti difficile da raggiungere.

Seguono poi i desideri più svariati, dal fermare i terroristi dell’Isis, a volere un mondo migliore…

Ma anche cose concrete come: avere un giorno libero alla settimana, avere un giardino per fare l’orto, poter fare una vacanza, avere un automobile.

C’è infine chi si affida a Dio, ma anche chi desidera solo morire.

Conclusioni

Questa ricerca si è rivelata molto interessante per diversi fattori:

  • I giovani che hanno collaborato hanno avuto modo di conoscere una realtà a loro sconosciuta, hanno visto come opera il volontariato, dal quale hanno riscontrato massima collaborazione e comprensione; hanno dovuto affrontare situazioni emotivamente difficili che li hanno fatti interrogare sulle problematiche dalla vita e conoscere gli strumenti di supporto esistenti e quelli assenti a livello nazionale; si sono sentiti utili perché spesso le famiglie si sono mostrate riconoscenti per l’ascolto e il tempo loro dedicato.
  • Le famiglie hanno avuto occasione di analizzare la propria situazione, di ripensare alla propria vita e farne una specie di bilancio ad alta voce per comprendere meglio in che direzione muoversi e quali strade intraprendere che magari si erano abbandonate. Si sono sentite ascoltate e hanno visto nella ricerca la possibilità di sentirsi rappresentate e far emergere le proprie problematiche. Per alcune famiglie l’intervista è stata un’occasione per non sentirsi sole, ma avere la cognizione della presenza sul territorio di altre persone nella medesima condizione con altrettante problematicità.
  • Alcuni volontari, grazie alla ricerca, hanno preso consapevolezza di alcune realtà del proprio territorio che erano loro sfuggite o che non conoscevano in modo così approfondito perché seguite solo dal parroco e dai loro collaboratori.

Dalla ricerca è emersa innanzitutto l’inadeguatezza degli strumenti messi a disposizione dalle politiche sociali e dalle stesse comunità:

  • il corrispettivo delle pensioni di invalidità è assolutamente insufficiente ai bisogni delle necessità vitali ed è molto problematico il fatto che, per coloro che sono al di sotto dei 75 punti percentuali, eccetto rari casi, non ci siano aiuti economici.
  • le borse lavoro non riescono a dare un’autonomia economica, a progettare un futuro, in quanto consistenti in contratti di breve durata e di non facile rinnovo.
  • l’accesso alle case popolari ha delle tempistiche troppo lunghe e non sempre vengono tenute in considerazione tutte le problematiche relative alla famiglia (come la distanza rispetto all’attuale residenza e quindi il cambiamento del quartiere, delle abitudini che, per alcune patologie diventano di difficile gestione; oppure barriere architettoniche, umidità…).
  • i servizi sociali non riescono ad offrire un adeguato supporto alle famiglie, necessiterebbero di più personale e di maggiori finanziamenti per garantire i sostegni richiesti dalle famiglie;
  • esistono servizi sociali (come le assistenti domiciliari o dei contributi per le assistenti familiari) pagati dal Comune, ma questi non sono sufficienti e non considerano tutte le fasce d’età e tutte le situazioni di coloro che sono nel bisogno, per cui alcune categorie si ritrovano inevitabilmente scoperte.
  • è necessaria una maggiore sensibilizzazione della cittadinanza per far comprendere l’isolamento e le situazioni complesse delle famiglie dove sono presenti problemi di salute. Le stesse parrocchie non sempre riescono a coinvolgere e a supportare le famiglie dove sono presenti persone malati e o disabili.
  • mancano degli strumenti di supporto alle famiglie, che permettano loro di avere del tempo libero, di svago, ma anche semplicemente di poter fare liberamente la spesa senza preoccuparsi dell’ammalato a casa. Per alcune malattie (ad esempio Alzheimer, Autismo, Sindrome di Down), sono nate delle Associazioni specifiche che considerano tutto il nucleo familiare e non solo la persona malata, realtà mancanti per altre patologie.
  • rispetto al sistema sanitario la specializzazione di alcuni ospedali in determinate patologie ha garantito alti livelli di competenza rispetto a specifiche malattie, ma ha anche creato grossi ostacoli relativi ai costi di spostamento e all’organizzazione della famiglia per permettere la cura al familiare.
  • c’è inoltre il desiderio che i medici tornino a fare le visite domiciliari per quelle situazioni troppo complesse e delicate, mentre questo tipo di attività viene svolta sempre più sporadicamente e affidate al buon cuore del medico; dal momento che sul territorio nazionale esistono molti medici, sarebbe importante poter investire su questo tipo di servizio.