Progetto Operazione Cuore

Nel 2016 sono stati 13 i bambini cardiopatici giunti a Rimini, insieme alle loro mamme, provenienti dall’Ospedale Luisa Guidotti di Mutoko diretto, fino a un anno fa, da Marilena Pesaresi e ora dal dott. Massimo Migani, nell’ambito del progetto “Operazione Cuore”, per essere operati presso l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna.

Sono stati operati tutti e 13 e 9 sono rientrati a casa; mentre 3 sono ancora ospiti delle famiglie riminesi che li avevano accolti, per completare la convalescenza, mentre una bimba è deceduta dopo l’intervento.

A questi si aggiungono altri 11 bambini venuti in Italia nel 2016 che sono stati già operati in sedi diverse da Bologna (4 a Genova, all’Ospedale Gaslini e 7 a san Donato Milanese) e sono già rientrati in Zimbabwe.

La struttura sanitaria in cui ha operato la dottoressa riminese per 35 anni, l’Ospedale Luisa Guidotti, è diventato il punto di partenza del viaggio di speranza per tantissime famiglie di tutto lo Zimbabwe; l’alternativa è il Sudafrica (ma qui alle difficoltà del viaggio si sommano gli eccesivi costi) o altri Paesi come l’India.

Mentre nei primi anni si prendevano in carico principalmente i pazienti con problemi di valvole cardiache ora, sempre più, si presentano pazienti con malformazioni cardiache congenite, spesso molto gravi, al punto da rendere rischioso lo stesso viaggio. Sono per la maggior parte bambini piccolissimi, anche con meno di due anni, che necessariamente devono essere accompagnati dalla mamma o da un parente.

II progetto, iniziato nel 1984, dal 1990 è sostenuto dalla Caritas diocesana di Rimini per quanto riguarda la parte organizzativa, i costi delle medicine e dei viaggi in Italia, prevalentemente da Rimini a Bologna; mentre per le spese di viaggio aereo provvedono altre associazioni tra cui la Fondazione Marilena Pesaresi, l’Associazione “Rimini for Mutoko”, la Regione Emilia Romagna e l’AUSL della Romagna (per quel che riguarda le spese per gli interventi, secondo un programma regionale iniziato nel 2002 e rinnovato ogni anno).

In questi anni sono stati ospitati a Rimini oltre 200 persone, tra bambini e ragazzi affetti da malformazioni cardiache.

Per chi arriva dal continente africano le volontarie e i volontari (una decina) della Caritas – coordinati da Sara Barraco responsabile del progetto – sono il primo viso amico che incontrano scesi dall’aereo; essi seguono i rapporti con le famiglie riminesi che danno la propria disponibilità ad accogliere questi bambini. Un ruolo molto importante è quello svolto dalle famiglie riminesi che accolgono in casa i bambini per tutti i mesi della loro permanenza in Italia, gli offrono assistenza, ma soprattutto l’affetto e il calore di cui hanno bisogno. Complessivamente sono 75 le famiglie che in questi anni hanno dato la loro disponibilità per l’accoglienza.

Il progetto “Operazione Cuore” sta crescendo sia come capacità di intervento che come organizzazione. Si è affinata la macchina organizzativa: all’inizio i medici andavano in Africa solo una volta all’anno, mentre adesso si organizza un viaggio circa ogni tre mesi per fare venire in Italia i bambini malati e almeno tre missioni cardiologiche in Zimbabwe di medici specialisti che vanno a Mutoko per visitare i piccoli pazienti. Questo garantisce un maggiore controllo sia sui pazienti operati che su quelli che dovranno essere ancora operati.

La Regione Emilia Romagna è ben presente con un budget; le nostre strutture sanitarie – la Regione e l’AUSL della Romagna – offrono piena collaborazione.

Da alcuni anni si è inserito nel nostro progetto anche l’Ospedale pediatrico di Genova “Gaslini”, che si rende disponibile per operare fino a 6 bambini all’anno e l’Ospedale San Donato di San Donato milanese che si rende disponibile ad operare 5-6 bambini all’anno (attraverso la collaborazione con l’associazione “Cuore Fratello”).

Oltre all’ingresso nel progetto di questi due ospedali italiani ci sono altre novità: innanzitutto la collaborazione con Emergency che in Sudan ha una cardiochirurgia. Alla cardiochirurgia di Khartum ci si appoggia per gli interventi di adulti oltre i 18 anni che non possono essere operati in Italia (poiché i progetti italiani riguardano solo i minori).

Altra disponibilità ci è stata offerta dalla Cardiochirurgia del Kenia ove vengono ad operare cardiochirurghi italiani e dove abbiamo fatto operare alcuni dei nostri bambini.

La lista d’attesa

Vi sono circa 40 pazienti in lista di attesa. Bisogna dare priorità agli interventi che rivestono carattere d’urgenza e che risultino assolutamente indispensabili per la vita e per evitare che si verifichino quelle complicazioni che renderebbero l’intervento non più eseguibile e addirittura controindicato. C’è poi da considerare che non per tutti l’intervento è definitivo. Talvolta i bambini devono, negli anni successivi, essere operati una seconda volta. Quasi tutti i bambini operati inoltre devono poi essere rivisti successivamente per seguirne l’andamento anche dopo l’operazione fino a molti anni dopo.

Esiste poi il problema della terapia anticoagulante per i pazienti che cui è stata applicata una protesi valvolare meccanica. Essi hanno bisogno di frequenti controlli dei parametri coagulativi. Per seguire con efficacia tutti questi pazienti è nato un nuovo progetto. Si tratta di un sistema di controllo a distanza degli esami e di comunicazione per via telematica con i pazienti e gli operatori sanitari dello Zimbabwe da parte dei nostri esperti (medici e infermieri).

Per i pazienti con valvola meccanica – ha spiegato il Dott. Pesaresi – per tutta la vita dopo l’intervento sono necessari i controlli della coagulazione; è particolarmente delicata la fase iniziale in cui l’effetto del farmaco anticoagulante – il Warfarin o Coumadin – deve essere testato molteplici volte prima che venga raggiunta la giusta dose.

Si è poi attivato un ambulatorio cardiologico presso l’ospedale di Mutoko dove una equipe va almeno 3 volte all’anno per fare le visite e gli esami di controllo ai pazienti in lista di attesa, a quelli già operati e ai nuovi pazienti. L’equipe rimane ogni volta mediamente due settimane e compie in un anno 650 visite. Si alternano nelle missioni mediche cardiologiche vari medici specialisti cardiologi di Rimini e Riccione (il dott. Flavio Bologna, la dott.ssa Mainardi Maria Artes, la dott.ssa Fabbri Francesca, il dott. Antonio Pesaresi) e medici cardiologi-pediatri della Cardiologia pediatrica del S.Orsola (fra cui il dott. Bronzetti Gabriele, la dott.ssa Daniela Prandstraller, il dott. Gabriele Assenza). Coordina le missioni la infermiera (Capo sala in pensione) Cesarina Marchini.

L’Operazione Cuore – chiamata così perché legata agli interventi cardiaci – è una esperienza che opera anche sul cuore di chi accoglie, rendendolo capace di un amore gratuito, in grado di creare legami non basati sul sangue, ma sugli affetti. Tra chi accoglie e chi è accolto si stabilisce una relazione che dura nel tempo anche dopo il ritorno a casa dei bambini e dei loro familiari. Una Operazione che cambia lo stile di vita delle famiglie accoglienti a partire dai bambini che si scoprono capaci di solidarietà e condivisione. Le cose per noi scontate, come l’acqua corrente e il riscaldamento, acquistano un altro valore e ci insegnano che un consumo equo e sostenibile non è solo fonte di risparmio ma anche di giustizia.

Nello stesso tempo aiuta la comunità parrocchiale ad aprirsi all’accoglienza e alla carità. Chi ha già fatto questa esperienza ha raccontato il vissuto nella sua bellezza e profondità accompagnate dalle fatiche e purtroppo a volte dal fallimento legato alla morte del bambino. Ma anche da questo nasce un insegnamento: le persone non sono nostre, il Signore ce le dona perché noi le amiamo e le custodiamo in vista dell’incontro con Lui.

Accogliendo un mamma africana con il suo bambino, si aprono gli orizzonti della propria famiglia e della propria vita e si impara a fare famiglia con chi ne ha bisogno.

Tre sono le urgenze

  • Aumentare il numero dei volontari che affianchino Sara e Fernanda nel rapporto con gli ospedali e nell’accompagnamento dei malati agli ospedali e nei rapporti con le strutture.
  • Aumentare le famiglie disponibili ad ospitare i pazienti con le loro mamme.
  • Reperire fondi per gli esami clinici da fare in Africa, per il viaggio, per l’assistenza e i medicinali.