Salute e Povertà

Secondo gli studi attuati dal Banco Farmaceutico nel Report 2016 Donare per Curare, basati sui dati Istat (Indagine sulle spese delle famiglie) del 2014, le famiglie italiane sostengono una spesa media di 109 euro al mese per i servizi sanitari, che corrisponde al 4,4% della spesa mensile totale. Di queste spese mediche, il 38% è rivolto alle medicine e il 21% ai servizi dentistici, tendenzialmente costosi e meno influenti dei servizi medici e ospedalieri.

D’altra parte, le famiglie povere investono meno denaro sulle cure sanitarie (22,41 euro), in pratica si tratta del 2,6% della spesa mensile totale. Le spese di queste famiglie sono rivolte principalmente ai farmaci (13 euro su 22, pari al 57%), lasciando in secondo piano i servizi medici e ospedalieri (23%). Se poi consideriamo solamente quelle famiglie composte da solo due persone, il valore medio di spesa aumenta, mentre diminuisce nel caso in cui la famiglia sia composta da più di tre persone. Questa constatazione paradossale può essere spiegata supponendo che le famiglie numerose riescano a ricevere più medicinali gratuiti o aiuti economici o sovvenzioni, come nel caso delle famiglie con minori (10,72 euro di media). Chi invece tende a spendere maggiormente sono le famiglie con anziani, che investono una spesa media sanitaria di 34,78 euro.

Se si considera la cittadinanza delle famiglie: quelle italiane spendono 62 euro, mentre quelle straniere 20,68 euro, creando un rapporto di 3 a 1 sul tenore di spesa. La situazione cambia quando si considerano le famiglie povere, dove la differenza diminuisce: 11,80 euro per gli italiani, contro il 5,34 degli stranieri (rapporto di 2 a 1). Questa distinzione è influenzata dal reddito, che per gli stranieri è tendenzialmente inferiore a quello degli italiani; tuttavia, gli stranieri sono anche mediamente più giovani degli italiani e quindi possono avere minore necessità di cure.

Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, la spesa media mensile pro-capite per medicinali delle famiglie non povere è di 26,24 euro, superiore alla media nazionale (23,39 euro). Mentre, per le famiglie povere, la spesa media è di 3,99 euro (6,05 euro per la media nazionale).

Un altro fattore che può influenzare queste valutazioni, è l’efficienza del sistema sanitario regionale. Risulta infatti che nelle regioni dove il sistema sanitario è meno efficiente rispetto alla media nazionale, le famiglie tendono a spendere mediamente di più per le cure mediche.

Nel 2014, ben un quarto delle famiglie italiane ha cercato di limitare la spesa medica. In particolare il 4,7% del totale delle famiglie (pari a 1 milione e 211 mila unità) ha puntato su medicine e centri meno costosi, mentre il 20,1% (pari a 5 milioni e 179 mila unità composte da 12,7 milioni di persone) ha limitato le visite e gli accertamenti.

Per quanto riguarda le famiglie povere che hanno risparmiato sulle visite e gli accertamenti sono circa 533 mila (36,3% del totale, pari a 1 milione e 575 mila persone), mentre quelle che hanno preferito medici e centri meno costosi sono 104 mila famiglie (7,1% del totale, paria a 344 mila persone).

I volti della povertà sanitaria: anziani e disabili

Indice di vecchiaia

Con l’avanzare dell’età aumenta la probabilità di dover affrontare problemi di salute e questa possibilità si aggrava con il peggioramento delle condizioni economiche personali.

Da un’indagine della Lifepath, risulta che vivere in povertà pone dei rischi simili ad altri fattori nocivi quali il fumo, l’ipertensione e l’obesità. Solo chi fa abuso di alcol vive in media un anno in meno.

A soffrire maggiormente il rischio di salute e povertà sono gli anziani e i disabili: la criticità aumenta ulteriormente quando un individuo perde la propria autosufficienza, subisce un’invalidità o limitazioni funzionali.

Gli anziani e i disabili occupano dunque una posizione di rilievo che deve essere analizzata nei suoi termini numerici incidenti sul contesto italiano, valori che potrebbero essere erroneamente considerati marginali e/o minimali.

L’Italia è un paese sempre più vecchio: lo dimostra l’Annuario statistico italiano 2016, realizzato dall’Istat. Al 31 dicembre 2015 per ogni 100 giovani c’erano 161,4 over 65, rispetto ai 157,7 dell’anno precedente. Gli individui fra gli 0-14 anni corrispondono al 13,7% del totale, mentre quelli fra i 15 e i 64 anni sono il 64,3% e gli anziani oltre i 65 anni risultano essere il 22%.

Composizione della popolazione italiana per classe d’età

A Rimini, nel 2016 l’indice di vecchiaia dice che ci sono 174,4 anziani ogni 100 giovani. Per la precisione, i minori fra gli 0-14 anni corrispondono al 13,3% del totale, mentre gli individui fra i 15-64 sono il 63,4% e gli anziani oltre i 65 anni risultano essere il 23,3%.

Principali difficoltà della popolazione disabile

Secondo i dati dell’Istat (“Dati sulla disabilità in Italia” a cura di Giovanna Guadagni), relativi al 2015, i disabili sono tre milioni, pari al 5% della popolazione, distribuiti prevalentemente sulle isole e con la maggioranza risultante di sesso femminile (il 66,2% pari a 1 milione e 700 mila).

I disabili conteggiati sono stati suddivisi in tre categorie: persone con difficoltà di movimento, con difficoltà sensoriali e con difficoltà nelle funzioni della vita quotidiana.

I disabili che vivono con la famiglia sono la maggioranza (2 milioni e 600 mia, pari al 93%). Quelli che vivono negli istituti sono 190 mila, dove la maggior parte corrisponde ad anziani non autosufficienti. Infine, sono 11 mila le persone che soffrono di disturbi psichici e altrettante persone soggette a disabilità plurima.

Fra le patologie in diffusione vi è la depressione che, nell’arco di un solo decennio è aumentata a livello mondiale con un’incidenza del 18,4%, dove quasi la metà risulta vivere nell’Asia Sud-Orientale e in Occidente. Secondo le stime dall’Oms, queste percentuali variano a seconda dell’età, con un picco fra gli anziani e gli adulti, e del sesso: le donne sono più depresse degli uomini, 5,1% contro 3,6.

Nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea)

A gennaio 2017, dopo 15 anni, è stato finalmente siglato il provvedimento che riforma e implementa i Livelli Essenziali di Assistenza (o Lea), ovvero le prestazioni sanitarie gratuite delle regioni per i propri assistiti. Questa riforma, a lungo richiesta da tutti coloro che vivono nella quotidianità le difficoltà di certi tipi di malattie, agisce su vari fronti. I dati raccolti all’interno di questo Rapporto fanno riferimento al 2016 e, soprattutto nella ricerca svolta alle famiglie con problemi di salute, mostrano come le spese sanitarie incidano nel bilancio economico di coloro che sono affetti da malattie rare o che necessitano di cure particolari. Ci auguriamo che con questa riforma molte famiglie riescano a tirare un sospiro di sollievo e a usufruire dei vantaggi previsti, che fanno riferimento a vari aspetti:

  • Per quanto riguarda i vaccini la norma prevede l’istituzione di nuovi vaccini (come quello contro il meningococco B che prima era a pagamento) e l’estensione di alcuni di essi a nuovi destinatari (ad esempio, il vaccino contro il Papilloma virus che viene erogato anche agli adolescenti maschi), agendo così a livello preventivo.
  • Viene introdotto gratuitamente anche lo screening neonatale per la sordità congenita e la cataratta congenita.
  • Un discorso più complesso va fatto in riguardo alla procreazione medicalmente assistita, che in precedenza era erogata solo in regime di ricovero. Con i nuovi Lea non solo vengono inserite nelle prestazioni specialistiche ambulatoriali tutte quelle concernenti questa procedura, ma il Servizio Sanitario Nazionale si fa carico anche della raccolta e della conservazione delle cellule che servono per essa.
  • Un altro grande cambiamento avviene nell’ampliamento dell’elenco delle malattie. Per quelle rare sono state inserite più di 110 nuove entità tra singole malattie e gruppi di malattie, invece in quelle croniche ne sono state introdotte 6 nuove, ma sono state aggiunte anche alcune malattie prima considerate soltanto rare, come la celiachia e la sindrome di Down.
  • Nello specifico del problema dell’autismo, invece, il nuovo schema di decreto prevede l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento individualizzato di questo tipo di disturbi.
  • L’ultimo grande cambiamento apportato dai Lea sussiste nell’aggiornamento del nomenclatore: esso non è altro ché l’elenco di tutte le prestazioni, ma soprattutto gli ausili, che lo Stato prevede sia per le cure specialistiche che per coloro che hanno gravi invalidità. Questo nomenclatore, aggiornato l’ultima volta nel lontano 1996, include molte delle nuove avanguardie tecnologiche che negli ultimi anni hanno aiutato e aiutano molto chi deve fronteggiare disabilità croniche.

I nuovi Lea hanno suddiviso le prestazioni del nomenclatore in due categorie: quelle riguardanti la specialistica ambulatoriale e quelle specialistica protesica. Le prime consistono in tutte quelle procedure, che un tempo erano sperimentali, ma ora sono spesso praticate negli ospedali, la maggior parte delle quali riguardano la procreazione medicalmente assistita e lo studio della genetica. Vengono inoltre introdotte alcune pratiche di elevatissimo contenuto tecnologico (come l’adroterapia) o di tecnologia recente (come l’ enteroscopia con microcamera ingeribile o radioterapia stereotassica) utilizzate, soprattutto nella cura dei tumori. La specialistica protesica, invece riguarda tutti quegli ausili gratuiti che lo Stato è tenuto a dare a coloro che hanno gravi problemi di invalidità e disabilità; i vecchi nomenclatori non riuscivano a tenere conto dei grandi passi con la tecnologia che sono stati fatti negli ultimi anni per cui molte famiglie erano costrette o ad adattarsi agli aiuti più obsoleti o ad accollarsi le grosse spese per stare al passo coi tempi. In questo senso il nuovo nomenclatore inserisce vari tipi di ausili, che vanno dalle posaterie e suppellettili adattati per chi ha disabilità motorie, a apparecchi acustici a tecnologia digitale, oppure ausili informatici, di comunicazione e di tecnologia avanzata (arti artificiali o strumenti di riconoscimento vocale e puntamento con lo sguardo).

Una ulteriore novità è che è stata costituita la “Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA”, con il compito di monitorarne il contenuto per escludere eventuali servizi divenuti obsoleti e valutare l’inserimento di nuovi trattamenti che si dimostrino innovativi o efficaci per la cura dei pazienti; in questo modo la speranza è che non si debba aspettare altri 15 anni per avere una riforma di queste prestazioni, ma si riesca a mantenere il passo con le nuove tecnologie.