Associazione Rompi Il Silenzio

Il femminicidio, l’uccisione di una donna per mano di un uomo con il quale ha, o ha avuto, un legame affettivo, è la prima causa di morte delle donne in Europa e nel mondo.

Nella maggior parte dei casi il gesto si consuma in famiglia, per mano di parenti, mariti, amanti, compagni, ex, conoscenti e, troppo spesso, il gesto è giustificato facendo leva sul movente passionale, sul contesto disagiato, sul fatto che avvenga in zone critiche del pianeta, ma è una pessima giustificazione: il fenomeno della violenza di genere è un fenomeno trasversale e non è condizionato in alcun modo da etnia, religione, contesto sociale, etc.

La violenza sulle donne può manifestarsi in forme molteplici, più o meno crudeli, più o meno subdole e non è detto che lasci sempre marchi visibili sul corpo: essa infatti può provenire non solo dall’uomo, ma anche dalla società, che la favorisce o in taluni casi la provoca attraverso le sue discriminazioni, i suoi stereotipi, le sue istituzioni. In ogni caso, in qualsiasi forma venga esercitata, la violenza rappresenta sempre l’esercizio di un potere che tende a negare la personalità della donna: brutalizzando il suo corpo o la sua anima si afferma il dominio su di essa, rendendola oggetto di potere la si priva della sua soggettività. Il femminicidio quindi è un fatto sociale: la donna viene uccisa in quanto donna, o perché non è la donna che l’uomo o la società vorrebbero che fosse.

“Rompi il silenzio” Onlus nasce alla fine del 2005 come Associazione e solo dopo il corso di formazione, obbligatorio per chi intende diventare operatrice all’interno dei Centri Antiviolenza, apre il centralino telefonico a cui le donne possono rivolgersi per informazioni, consigli e, soprattutto, per avere un colloquio. Negli anni successivi, facendo parte del “1522” (Numero Antiviolenza Nazionale), del Coordinamento Regionale, dell’Osservatorio della Regione ER, dell’Associazione nazionale D.i.Re, Rompi il silenzio (RIS) diventa un vero e proprio Centro Antiviolenza, punto di riferimento della nostra Provincia.

Attualmente il centro è condotto da 29 donne, tra operatrici, legali, psicologhe, educatrici, tutte formate, che gestiscono gli sportelli d’accoglienza sparsi sul territorio provinciale, una casa per le emergenze “brevi”, una casa rifugio ad indirizzo segreto, una casa per semi-autonomia. Tutte le consulenze e l’ospitalità, fornite dal centro, sono assolutamente gratuite.

Le attività principali del centro vanno dall’accoglienza (con colloqui personalizzati), all’ospitalità (per la messa in protezione) di donne e minori, modulando, in entrambi i casi, percorsi personalizzati, concordati con la donna stessa che diventa, spesso dopo anni di sottomissione, il perno e l’unica promotrice del suo riscatto e dell’inizio di una nuova vita.

Grandi energie, e tanto tempo, vengono rivolte anche alla prevenzione: numerosi progetti, in collaborazione con il Comune di Rimini e le FFOO, ci hanno permesso di incontrare gli studenti delle scuole superiori ed anche di raggiungere la cittadinanza della nostra provincia per far conoscere il fenomeno della violenza, le sue caratteristiche e le strategie di contrasto, per diffondere la cultura della non violenza e per far conoscere atteggiamenti di misoginia radicati nella quotidianità.

Il profilo di coloro che hanno richiesto aiuto nel 2016

Nel 2016 le donne accolte dal nostro centro sono state 213, di cui 23 donne già in percorso dall’anno precedente: sul totale, 168 donne “nuove” hanno subito violenza e tra queste, come evidenziato negli anni precedenti, la prevalenza delle donne che si rivolge al centro è di origine italiana (74%, straniere 26%). Sul totale, 109 donne con minori, per un totale di 184 bimbi, di cui 57 hanno subito violenza.

La maggioranza relativa delle donne straniere proviene dai paesi dell’Est europeo; a seguire le donne africane, che provengono in maggioranza dal Maghreb, le donne latinoamericane, le asiatiche, le donne provenienti dalla Comunità Europea. Considerando l’entità della presenza dei gruppi asiatici (in particolare della comunità cinese e bengalesi), vale la pena sottolineare la loro scarsa rappresentazione fra le donne accolte, segno di un maggiore isolamento e chiusura di queste comunità.

Tra le donne che si sono rivolte al centro per la prima volta, viene evidenziata in prevalenza la violenza intrafamiliare, perpetrata da persone conosciute, che viene così suddivisa:

(da notare che i tipi di violenza sono spesso concomitanti).

Fra gli autori di violenza prevale, quindi, in modo deciso la figura del (ex)partner, una categoria all’interno della quale rientrano: coniuge, convivente fidanzato/amante ed “ex”; a seguire i familiari e i parenti, gli amici e i conoscenti. Nella quasi totalità dei casi si tratta di violenze agite da persone che la donna conosce.

Le principali richieste/bisogni delle donne

Richiesta informazioni 105
Colloquio successivo di accoglienza 19
Sfogo 115
Consigli e strategie 91
Consulenza/assistenza legale 39
Consulenza psicologica 23
Partecipazione ai gruppi di sostegno 1
Ricerca della casa 4
Ricerca lavoro/formazione 9
Ospitalità in assenza di emergenza 2
Ospitalità in emergenza 6
Altre richieste in emergenza 1
Aiuto economico 2
Intervento terapeutico sull’autore violento 2

L’ospitalità in emergenza presso la casa rifugio ha visto, nel 2016, 5 donne e 4 minori, mentre il numero totale di notti trascorse in protezione è pari a 918, così suddivise:

  • notti Donna: 460
  • notti Minore: 458
  • media: 102

Alcune brevi considerazioni

I numeri proposti non si discostano molto dalle statistiche degli anni precedenti, numeri sempre molto alti per una provincia come la nostra, ma l’interpretazione positiva che vogliamo dare è che le donne ricorrono più facilmente al centro per chiedere consigli ed informazioni e con più fiducia si rivolgono alle Forze dell’Ordine, piuttosto che credere che i casi di violenza siano in aumento.

Nel contempo, i casi in cui è stato necessario porre in protezione donne e minori, sono derivati da situazioni di estremo pericolo per la vita degli stessi, tanto da dover procedere, in alcuni casi, con il trasferimento in altri centri. La violenza nei riguardi di donne e minori non è un fatto occasionale, non deriva da un “raptus”, ma è l’espressione di una cultura patriarcale radicata fatta di mille episodi violenti. Molte donne sottovalutano i rischi, spesso giustificano, perdonano, non sono in grado, da sole, di interrompere la relazione violenta.

I Centri Antiviolenza come il nostro credono nella forza delle parole, nello scambio di energia che creano, nel circuito virtuoso di azioni e reazioni che mettono in moto. Noi tutte crediamo che sia importante mettere ancora una volta in parole il concetto che le donne non sono sole nella loro battaglia. Che dalla violenza si può uscire. Noi ci siamo e siamo al loro fianco. E non solo nelle feste comandate.